Rodi è stato centro di irradiazione di architettura di marca italiana ed ha visto l’elaborazione di interessanti ibridi culturali. Tali esiti vanno ricontestualizzati nel quadro degli equilibri del Mediterraneo Orientale degli anni ’10 del ’900. Come è noto, con la Guerra italo-turca del 1912, l’isola, unitamente ad altre undici dell’Egeo, ha subito l’occupazione italiana ed è stata sottoposta a un governatore. L’occupazione del cosiddetto “Dodecaneso italiano” ha avuto fine l’8 settembre 1943. Numerose sono le azioni di restauro e di ripristino architettonico in stile storicista, volute dall’estetica fascista: nel 1925 l’ingegnere laziale Florestano Di Fausto, ispirandosi alle incisioni del 1826 del colonnello belga Rottiers, ricostruì in forme neogotiche la Cattedrale dell’Annunciazione, che era stata fortemente compromessa da un fulmine nel 1856. La chiesa dal 1947 osserva il culto ortodosso. Ancora, tra il 1937 e il 1940, Vittorio Mesturino e Gregorio Gerardi riedificano il Palazzo dei Gran Maestri dei cavalieri di Rodi in funzione di residenza estiva prima per il re Vittorio Emanuele III e poi per Benito Mussolini. Lo stesso principio ha ispirato anche costruzioni inedite, come il Palazzo del Governatore (Di Fausto – 1927) in stile neogotico veneziano, o l’eclettico complesso delle Terme di Calitea (Pietro Lombardi, Armando Bernabiti – 1929). In tale gruppo rientra la prima versione del Grande Albergo delle Rose, dalle forme fortemente neomoresche, secondo il progetto di Di Fausto del 1927. L’albergo fu tuttavia ristrutturato appena dieci anni dopo, su pressione del nuovo governatore italiano del Dodecaneso, per adeguare le strutture ai canoni architettonici razionalisti che si stavano diffondendo. In questa nuova temperie rientra anche la Cattedrale di San Francesco d’Assisi, realizzata in stile razionalista da Armando Bernabiti nel 1939.